Rinosettoplastica

Rinosettoplastica e Rinoplastica Funzionale

Il concetto di rinoplastica funzionale presso l’ Università Pontificia Cattolica a Porto Alegre (Brasile) ci è stato inculcato fin dai primi anni di specializzazione, infatti a mio modo di vedere non ha senso un naso bello esteticamente, che funziona male. 
La Rinosettoplastica intesa come correzione del setto e delle ossa nasali è un intervento obbligato in tutti i pazienti con deviazione della piramide nasale. in questi casi anche se il problema di partenza è una deviazione del setto, occorre comunque associare alla settoplastica una osteotomia che fratturi le ossa esterne del naso per poter raddrizzare la piramide nasale.
Il chirurgo che opera il naso, inoltre deve conoscere le tecniche per correggere i difetti funzionali del setto e dei turbinati, presenti nel naso che opererà.
Molto spesso infatti, esistono difetti silenti, che in condizioni normali non producono disturbi. Tuttavia quando il naso viene ridotto e lo spazio interno si restringe, il paziente improvvisamente non riesce più a respirare bene, si ha cioè un miglioramento dell'estetica a scapito della funzione.
Nella nostra routine, oltre a praticare l’intervento con tecniche, che preservano rigorosamente l’anatomia e la fisiologia del naso, correggiamo di routine qualsiasi tipo di difetto o deviazione funzionale mediante rinoplastica associata a settoplastica, anche se non percepita dal paziente prima dell’intervento, che tuttavia potrebbe successivamente manifestarsi con difficoltà di respirazione.

Di seguito andremo a valutare più da vicino quelle strutture nobili del naso che vanno sempre rispettate e trattate con attenzione e con tecniche proprie di rinoplastica funzionale conservativa.​

Scheletro cartilagineo del terzo medio

Lo scheletro cartilagineo del terzo medio del naso è rappresentato dalle cartilagini triangolari o laterali superiori (in rosso nelle foto) e dalla loro unione centrale con la cartilagine del setto o cartilagine quadrangolare. Questo complesso cartilagineo mantiene una connessione mobile con le cartilagini alari della punta ed una unione fissa con lo scheletro osseo del terzo superiore. Queste cartilagini penetrano alcuni millimetri sotto la parete ossea nasale.

Conformazione prima della rinosettoplastica: in rosso le cartilagini triangolari che costituiscono una volta che funziona come valvola interna

rinosettoplastica e Valvola nasale interna

Le cartilagini triangolari e il setto cartilagineo (in rosso nella foto a sinistra) costituiscono una struttura unica, formata dai processi laterali o cartilagini triangolari di destra e di sinistra che si uniscono al centro formando la cartilagine quadrangolare, secondo la terminologia anatomica internazionale. Questa unione determina la formazione della valvola nasale interna (formazione di una volta o arco), che si oppone alla forza di chiusura esercitata dal fascio trasverso del muscolo nasale.

Nella rinoplastica classica, il trattamento del gibbo e del dorso nasale viene realizzato mediante rimozione della cupola osteo-cartilaginea in blocco unico o tramite divisione dei rami laterali delle triangolari dalla cartilagine quadrangolare, mediante procedimenti separati. In questo modo l'integrità della scheletro strutturale del terzo medio risulta distrutta, producendo una situazione di tetto aperto o Open Roof (foto a destra).

La rimozione del gibbo osteo-cartilagineo determina l'apertura del tetto del naso (Open Roof), che risulta visibile sotto la cute se non trattato.
L'ostetomia laterale viene quindi eseguita per chiudere le pareti ossee le une sulle altre e per l'approssimazione delle cartilagini laterali superiori al setto.
E' proprio questa chiusura del tetto aperto (Open Roof), che determina il restringimento della camera interna deputata alla respirazione.

rinosettoplastica ed Osteotomia laterale


Le pareti ossee laterali dopo l'osteotomia laterale (foto a sinistra), necessaria come dicevamo per chiudere il tetto del naso, si avvicinano alla linea media e le sue cartilagini laterali superiori si uniscono al setto. Poiché le cartilagini sono più sottili rispetto ai segmenti ossei, la chiusura del terzo medio è più accentuata rispetto a quella del terzo superiore. Nel postoperatorio tardivo di una rinosettoplastica potrebbe sorgere irregolarità della parete laterale, specie a livello della linea di transizione tra la parte ossea e quella cartilaginea nota come deformità a “V" invertita.


deformità a "V" invertita


La deformità estetica a "V" invertita comporta la perdita di tensione dell'apertura della volta interna, determina un collasso valvolare con manifestazioni cliniche legate ad una maggiore difficoltà respiratoria dopo l'intervento di rinoplastica.

Queste deformazioni, tipiche dopo interventi di rinoplastica e rinosettoplastica, risultano più visibili in pazienti con pelle sottile, ma si possono manifestare tardivamente anche in pazienti con pelle spessa. Purtroppo la lamentela funzionale in questi casi risulta abbastanza frequente.




La prevenzione del collasso del terzo medio durante gli interventi di rinosettoplastica può essere fatta utilizzando nuove metodologie a nostra disposizione:

  • Spreader graft
  • Push down
  • Ricostruzione della cupola cartilaginea

Spreader graft

Spreader graft


​E’ la tecnica che preferisco ed utilizzo quasi di routine per evitare il collasso della valvola interna e la deformazione a “V” invertida. Si tratta di un innesto per aumentare lo spessore del terzo medio proposto da Sheen, e realizzato generalmente con cartilagine del setto. Quando eseguito per via open è fissato con fili di sutura alla porzione anteriore del setto. Quando utilizzato nella via intra-nasale viene invece collocato nei tunnel di Cottle.

Rinosettoplastica: l'anestesia

Realizziamo l’intervento di rinoplastica funzionale e di rinosettoplastica in regime di Day Hospital. Il paziente entra in clinica poco prima dell’intervento e viene dimesso in giornata.
Il tipo di anestesia che preferiamo è locale mediante blocco selettivo sui nervi che portano la sensibilità del dolore al naso, associata a sedazione endovenosa realizzata dal nostro anestesista, che permette al paziente di non essere cosciente durante l’intervento (vedi il riferimento scientifico numero 13,14). Abbiamo sempre utilizzato questo tipo di anestesia, da più di 5 anni, fino ad oggi, ottenendo buone soddisfazioni per noi e per i nostri pazienti.

Rinosettoplastica: il Post-operatorio

Occorre sfatare alcune notizie, non corrette che circolano riguardo il binomio rinoplastica e dolore:
La rinoplastica e la rinosettoplatica, se condotte correttamente non sono dolorose durante l’intervento e neanche nei giorni successivi l’intervento. Fino ad oggi non abbiamo avuto un solo paziente che si è lamentato del dolore a tal punto da pronunciare le fatidiche parole “se l’avessi saputo prima non l’avrei fatto…”
Certo, come tutti gli interventi la rinosettoplastica può comportare dei fastidi, ma niente, che non possa essere risolto con un buon analgesico (vedi il riferimento scientifico numero 11).
L’altro grande terrore dei pazienti sono i tamponi. Allo stato attuale, eccetto casi particolari, non uso praticamente più i tamponi, per cui il paziente esce dalla sala operatoria dopo un intervento di rinosettoplastica già con le narici libere. Questa evoluzione è stata resa possibile grazie a piccole incisioni interne nel naso, che funzionano da drenaggio evitando la formazione di ematomi al livello del setto nasale (vedi il riferimento scientifico numero 1,15). Tuttavia in casi particolari di deviazioni del setto o rimozioni parziali dei turbinati si rende necessario un tamponamento, che teniamo in sede per 9-72 ore secondo le necessità. E qui nasce il secondo problema: la rimozione dei tamponi. C’è sempre l’amico del paziente, che già ha fatto questo intervento pronto a giurare un dolore atroce durante la rimozione dei tamponi. Mi chiedo: ma queste persone dove e da chi vanno a farsi togliere i tamponi? Questi infatti generalmente vengono immersi in vasellina prima di essere posizionati, quindi non si attaccano, cioè non vengono strappati ma delicatamente rimossi facendoli scivolare dall’interno.

Per quanto riguarda le opzioni disponibili per immobilizzare il naso, le ho praticamente provate tutte: dorsetti metallici, split acrilici, ecc. e sono ritornato al buon vecchio gesso, che rimuovo dopo una settimana. Come è possibile leggere da testi classici di chirurgia plastica il gesso non ha solo la funzione di immobilizzare la frattura nasale ma anche di contenere l’edema e riadattare la cute, dimostrando ancora la sua superiorità rispetto ad opzioni, che sembrerebbero più tecnologiche ma, che non riescono a soddisfare tutti e tre questi principi (vedi il riferimento scientifico numero 11).
Anche, in parte, per questi motivi non realizzo la rinoplastica senza dorsetto o gesso, che suona molto bene al livello di marketing per i chirurghi, che la propongono ma, che molte volte lascia spiacevoli sorprese tardive come la consolidazione della frattura in posizione viziata con deviazione dell'asse del naso e necessitando un successivo intervento per la correzione.